LA LEGGENDA DEL “ROSSO VOLANTE”
Eugenio Monti, nel 1950, pensava solo allo sci. Sarebbe potuto essere l’erede di Zeno Colò. Gli piaceva molto la discesa, la velocità, ma altrettanto bene gli riusciva lo slalom.
A Muerren, nella discesa del Kandahar, fu secondo alle spalle di Jean Couttet. Nella sua Cortina, vinse poi i titoli italiani di slalom e gigante e fu bronzo in discesa, dietro Roberto e Alfonso Lacedelli. E fu allora che, Eugenio Monti, fu battezzato il “rosso volante”, per il colore dei suoi capelli, per il coraggio che dimostrava in gara e nella vita.
Nato il 28 gennaio del 1928, a Dobbiaco, a 22 anni era una delle promesse dello sci azzurro degli anni Cinquanta. Poi cadde, rovinosamente, sulla Banchetta, durante una sessione di allenamento al Sestriere, e si lacerò i legamenti del ginocchio. I sogni di gloria sembrarono svanire: Eugenio con lo sci aveva chiuso.
E invece, proprio da quell’incidente sulla Banchetta, cominciò la carriera del più grande pilota di bob della storia.
E’ la storia di colui che incarnò la velocità nei budelli di tutto il mondo per oltre tre lustri, di colui che raccolse con pazienza i frutti di un lavoro lungo e meticoloso solo all’età di quarant’anni, con il doppio oro alle Olimpiadi di Grenoble del 1968. Un’epopea che non finirà mai di essere raccontata, una storia, quella del “rosso volante” che rappresenta uno degli emblemi della storia dello sport mondiale.
Nel 1954, Eugenio Monti conquistò il suo primo titolo italiano nel quattro e cominciò a percorrere una storia agonistica che pare scritta da un romanziere. Nel ’57, in coppia con Alverà, vinse il primo oro mondiale.
Nel 1960, a Cortina, divenne campione mondiale sia nel due che nel quattro. Nove saranno le medaglie d’oro mondiali conquistate in carriera. Sei invece le medaglie olimpiche: i due argenti vinti dietro casa, all’Olimpiade di Cortina, nel ’56, nel due (con Renzo Alverà) e nel quattro. Quindi i due bronzi dell’Olimpiade del ’64, a Innsbruck, ancora in entrambe le specialità (con Sergio Siorpaes nel bob a due). Infine il trionfo, il capolavoro, l’Olimpiade di Grenoble ’68 di cui è diventato uno degli eroi assoluti con Jean Claude Killy. Sulle pista dell’Alpe d’Huez il “rosso” volò fino all’oro sia nel due con Luciano de Paolis che nel quattro, con lo stesso de Paolis, con Mario Armano e con il suo “paesano” bellunese Roberto Zandonella.
Divenne commendatore della Repubblica e poi si ritirò dall’agonismo per occuparsi dei suoi impianti di risalita a Cortina.